© Un deserto sul Misma - Silenzio, preghiera, meditazione, abbandono….
Non
siamo
noi
gli
artefici
della
vita,
ma
siamo
apparsi
all'improvviso
nell'universo
creato
con
tutte
le
facoltà
per
capire
il
progetto
di
cui
facciamo
parte.
Nulla
viene
da
noi
e
nulla
dipende
da
noi.
Perché
siamo
così
confusi
e
disuniti?
Se
all'improvviso
dei
nemici
ci
sparassero
colpi
di
mitra,
il
nostro
terrore
e
la
nostra
paura
arriverebbero
a
dei
limiti
mai
raggiunti
prima.
Allora
saremmo
tutti
concordi,
vorremmo
proteggerci
e
abbracciare
la
persona
che
ci
sta
accanto,
che
è
meno
nemica
del
nemico.
Per
dimostrare
l'amore
dobbiamo
provare
questi
estremi?
Eppure
davanti
al
pericolo
siamo
più
coinvolti,
perché
siamo
egoisti.
Il
profeta
Isaia
ci
invita
a
non
parlare
dei
fatti
di
sangue
(33,15),
ma
noi
lo
facciamo
e
pensiamo
di
essere
nel
giusto.
È
un
grave
inganno.
Dopo
secoli
e
millenni
abbiamo
scompaginato
la
nostra
vita:
tutto
quello
che
andiamo
a
chiedere
a
Dio,
Lui
lo
chiede
a
noi.
Non
ci
fa
specie
pregare
per
la
pace
come
se
dipendesse
dal
Signore?
E
la
pace
col
nostro
vicino,
con
un
familiare,
un
parente?
Non
esistono
solo
gli
interessi
e
la
ragione.
Gesù
ha
comandato
a
noi
di
amarci,
quale
pace
vogliamo?
Quella
del
Ruanda,
della
Jugoslavia,
dell'Iraq…,
ma
non
quella
del
nostro
cuore.
Parliamo
di
pace
e
nemmeno
sappiamo
perché
sono
in
guerra.
Non
fidiamoci
di
quello
che
ci
fanno
vedere,
perché
dietro
le
quinte
c'è
un
mondo
più
grande
di
quello
dei
teatrini.
La
pace
dipende
da
noi,
se
siamo
umili
possiamo
portarla
dove
viviamo.
Però
bisogna
desiderarla.
Non
pensiamo
di
aver
sempre
ragione
e
che
gli
altri
ci
devono
chiedere
scusa,
se
ci
poniamo
in
contraddizione
davanti
a
colui
che
ci
attacca
non
fuoriesce
la
pace.
Quando
uno
si
lamenta
del
proprio
collega,
reagisce
alle
provocazioni
e
fa
lo
stesso
errore
dell'altro.
Chi
sbaglia
di
più?
Chi
ignora
il
meraviglioso
progetto
di
cui
fa
parte,
mettendoci
alla
prova,
o
noi
che
condanniamo?
Il
Signore
conosce
già
queste
cose,
continuando
negli
stessi
errori
di
chi
ci
ha
preceduto,
il
nostro
stato
d'animo
non
sprigiona
gioia,
non
gongola.
Perché
vogliamo
dimostrare
delusione
e
sofferenza
nel
comportamento
degli
altri?
Dove
risulta
dal
Vangelo
questo
atteggiamento?
E’
ora
che
iniziamo
ad
accettare
un'altra
possibilità
di
vivere,
perché
Dio
ha
in
mano
tutte
le
realtà,
anche
quella
di
liberare
chi
ha
delle
negatività.
L'umiltà
è
quando
non
vogliamo
farci
giustizia
sugli
altri
per
non
creare
sofferenza,
come
ha
insegnato
Gesù
davanti
a
Pilato.
Dalla
nostra
bocca
non
devono
uscire
parole
di
dissenso
anche
se
abbiamo
mille
ragioni.
Per
non
peggiorare
la
situazione
portiamo
a
casa
anche
quello
che
non
ci
compete?
Trionfa
la
verità,
l'amore
e
la
giustizia
che
ci
chiede
Dio
o
quella
del
tribunale
dell'uomo?
Sembrano
gemelle,
ma
hanno
una
distanza
abissale.
Solo
la
prima
non
favorisce
il
fuoco
di
disapprovazione,
di
contestazione
e
di
odio
tra
fratelli.
Quando
qualcuno
si
comporta
in
un
modo
diverso
dalle
nostre
aspettative
non
siamo
contenti,
preferiamo
che
si
adegui
alla
nostra
logica.
Anche
agli
altri
costa
sottomettersi
e
hanno
delle
aspettative.
Perché
dobbiamo
soffermarci
polemicamente
su
dei
fatti
estemporanei?
Quando
vogliamo
colpire
drammatizziamo
il
loro
punto
di
vista,
ci
mettiamo
del
nostro
per
dimostrare
il
torto
ricevuto.
Siamo
noi
i
migliori?
Nelle
case
patriarcali
le
spose
venivano
sottomesse
alle
donne
più
anziane,
subivano
in
continuazione
ma
non
si
ribellavano.
Che
persone
meravigliose!
Eppure
sembrano
insignificanti
soltanto
perché
sapevano
amare.
Amiamo
il
Signore
nostro
Dio
con
tutto
il
cuore
e
con
tutta
l'anima
o
vogliamo
essere
amati
da
Dio
come
dei
privilegiati?
Siamo
disponibili
a
subire
ogni
sorta
di
prova
e
a
non
criticare
mai
il
fratello
che
ci
umilia?
Anche
lui
è
figlio
di
Dio.
Perché
vogliamo
sfogarci
e
farci
compatire,
magari
da
persone
che
fanno
il
nostro
cammino
di
preghiera?
Il
cuore
ha
bisogno
solo
di
amare,
chi
si
sfoga
è
perché
l'orgoglio
in
quel
momento
gli
fa
ribollire
il
sangue.
E’
possibile
realizzare
la
parola
del
Signore,
non
è
vero
che
è
troppo
dura.
Con
uno
stato
d'animo
triste
e
angosciato
non
c'è
spazio
per
l'amore,
chi
ha
la
verità
nel
cuore
non
teme
ingiustizie
e
non
ha
cambiamenti
di
umore.
Non
dobbiamo
lamentarci
del
malessere
sotto
tutti
i
profili,
altrimenti
finiamo
per
arrabbiarci
e
fare
il
gioco
di
chi
trama
queste
insidie.
Invece
quando
siamo
felici,
siamo
meno
polemici
davanti
alle
prepotenze.
Questo
non
vuol
dire
essere
insignificanti
o
fatalisti,
ma
c'è
modo
e
modo
di
gestire
interessi
materiali,
perché
poi
si
finisce
nella
calunnia.
Dimostriamo
che
nonostante
tutto
siamo
innamorati
del
mondo,
della
vita
e
dell'amore
che
fuoriesce
da
noi
amando
gli
altri.
Che
bello
dare
il
sorriso
a
una
persona
triste,
non
è
paragonabile
a
tutto
il
tesoro
del
mondo.
Il
Signore
ci
vuole
scaltri
e
svegli,
è
il
male
che
agisce
nella
provocazione
e
noi
ci
cadiamo
dentro
per
orgoglio.
Quante
volte
abbiamo
portato
con
coraggio
e
dignità
la
pugnalata
più
tremenda?
Quando
non
ci
siamo
lamentati?
È
così
che
si
piace
al
Signore.
Piangiamo
pure,
ma
per
conto
nostro.
La
vendetta
più
terribile
è
il
perdono,
così
l’altro
si
annichilisce,
si
disarma,
si
sente
vigliacco.
La
reazione
davanti
alla
prova
è
naturale,
non
si
può
bleffare,
ci
fa
capire
a
quale
categoria
apparteniamo.
Dimostriamoci
solidali
con
i
santi
nel
non
sostenere
per
nessun
motivo
provocazioni e maldicenze.
Confidenze di Maria santissima a Roberto Longhi sul
monte Misma
Monte Misma -
Silenzio, preghiera, meditazione, abbandono